da bsupmag | Mag 29, 2020 | Attualità, Economia, Food
Male le riaperture secondo un’indagine Fipe: perso il 70% degli incassi. L’estate non migliorerà le cifre. “Una vera ripartenza solo in autunno, sempre che non ci sia una seconda ondata. In quel caso, il colpo di grazia. Stiamo calmi con la movida ora”, dice il vicedirettore Luciano Sbraga
La prima settimana di riapertura per bar, ristoranti, pizzerie e pub è stata una tragedia. E quella in corso non sarà meglio. I clienti scarseggiano, gli incassi sono magri e i costi aumentano. Le imprese hanno registrato un calo del fatturato del 70% rispetto all’epoca pre-virus. Insomma, un disastro purtroppo. I dati di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, ci danno uno spaccato terribile della portata distruttiva e delle prime macerie che l’emergenza Covid ha causato nella nostra economia, soprattutto quella più micro, che riguarda tante piccole attività di ristorazione. E se tutto sommato i dati negativi della prima settimana si potevano anche mettere nel conto, quello che più preoccupa è che i proprietari non vedono ancora una luce in fondo al tunnel, si aspettano che anche per i prossimi giorni ci saranno sale e banconi mezzi vuoti. Anzi, la vera ripartenza è prevista solo per l’autunno. Non ci sono i turisti nei centri storici delle grandi città, certo. Tanti lavoratori pendolari sono ancora in smart working, e questo è un altro dato di fatto. Ma c’è anche dell’altro. Quasi come se gli italiani avessero modificato, almeno per ora, il loro rapporto con l’aspetto conviviale e di svago relativo all’andare a pranzo o cena fuori. Il Covid fa ancora paura, per mangiare fuori ci sarà tempo. Ma intanto gli esercenti come faranno a sopravvivere, quando a fronte di minori incassi i costi salgono inesorabilmente?
La Fipe ha sottoposto un questionario ai suoi iscritti in cui invita a tratteggiare un bilancio di primi giorni di riapertura. Bar e ristoranti si sono ritrovati di colpo con il 70% dei clienti in meno. Una brutta botta, tanto che per 3 esercenti su 4 i primi giorni di ripartenza sono assolutamente da bocciare. Il dato però ancora più negativo è il cosiddetto sentiment: ben 7 intervistati su 10 prevede che non ci saranno miglioramenti nei prossimi giorni. Il pessimismo della ragione prevale sull’ottimismo della volontà. “Purtroppo la prospettiva di breve-medio termine è negativa, non c’è dubbio – ci dice Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe nonché direttore del Centro studi – . I motivi sono almeno tre. Prima di tutto, la mancanza di turisti: per tante attività è fondamentale, non penso solo alle località balneari ma ai bar e ristoranti dei centri storici delle nostre città, che purtroppo col blocco delle frontiere sono mezzi vuoti. Poi c’è la questione smart working: manca il pendolarismo di quei lavoratori che vanno in uffici pubblici o privati e si fermano a pranzare. Per tanti bar questo è un business importante. Infine c’è anche una sorta di cambiamento di stile di vita degli italiani per le regole post-Covid: penso alle classiche tavolate in pizzeria o trattoria, che non vedremo più per un bel po’ di tempo”. Il distanziamento sociale e le sue regole, appunto. Sempre secondo l’indagine Fipe, il motivo del calo di clienti è ravvisabile proprio nel distanziamento: l′80% dei ristoratori ne è convinto. Si tratta però di una condizione che ci accompagnerà almeno fino a quando non ci sarà la fase 3 ovvero il ritorno alle vecchie abitudini a emergenza passata. Il problema è che questo orizzonte ora è quasi impossibile da scrutare.
“Infatti non ci aspettiamo grandi cose per questa estate, non ci sarà una vera ripartenza – sostiene Sbraga -. Basti pensare che solamente il 16% degli italiani ora prevede di andare in vacanza, quando negli anni precedenti la percentuale di solito era superiore al 60%. Un miglioramento ce lo aspettiamo a settembre, più in generale in autunno. A patto però che non arrivi una seconda ondata di Covid. ecco, quello è il vero pericolo: sarebbe il colpo finale per il settore, non ci riprenderemmo più. Dirò di più: meglio andare con calma adesso, magari evitare una movida prematura e poter ripartire con slancio dopo l’estate”. Preoccupazione comprensibile, se si pensa che già adesso le imprese a rischio chiusura sono più o meno 50mila secondo le stime di Fipe. Un secondo lockdown sarebbe esiziale.
Uniche due note positive dell’indagine Fipe sono la percentuale delle riaperture e il comportamento dei clienti. La maggior parte degli imprenditori ha deciso di riaprire già a partire dal 18 maggio (circa il 48%) mentre circa il 35% lo ha fatto solo qualche giorno dopo. Una minima parte, il 10,8% riaprirà il primo giugno, mentre ancora meno, il 5,6%, ha rinunciato del tutto a riaprire. Quindi le serrande sono andate sù nella stragrande maggioranza dei casi.
Poi c’è il comportamento virtuoso dei clienti che non hanno fatto particolare fatica a rispettare le regole anti Covid-19. Secondo i dati l’aspetto a cui i clienti fanno più attenzione è l’igiene delle mani nell’88% dei casi. Ottime percentuali anche per quanto riguarda l’uso della mascherina (85%). Qualche difficoltà in più sulle regole di distanziamento sociale seguite in poco meno dell’80% dei casi.
Fonte Huffpost
da bsupmag | Mag 29, 2020 | Attualità, Economia, Magazine
L’indice di fiducia delle imprese bresciane – a causa dell’impatto di COVID-19 – ha registrato una discesa a 27,0; nel 4° trimestre 2019 era pari a 110,7.
Brescia, 29 maggio 2020 – Nel primo trimestre del 2020 l’indice di fiducia delle imprese bresciane attive nel settore terziario ha evidenziato un crollo rispetto a quanto registrato nel periodo precedente. Nel dettaglio, l’indice si è attestato a 27,0, contro il 110,7 segnato nel 4° trimestre 2019: si tratta del minimo storico registrato da quando è disponibile la serie storica (2016).
A evidenziarlo sono i risultati della tradizionale Indagine congiunturale condotta dall’Ufficio Studi e Ricerche di AIB al primo trimestre 2020.
Le conseguenze economiche di COVID-19 sono alla base del tracollo dell’indice nei primi tre mesi dell’anno. Dopo i timidi progressi rilevati nel secondo semestre del 2019, i giudizi degli operatori hanno risentito delle chiusure delle attività produttive imposte dalle misure di contenimento approvate dal Governo, nonché del vero e proprio azzeramento della domanda per determinate tipologie di servizi, un aspetto destinato a non esaurirsi, ma verosimilmente a proseguire almeno fino all’estate.
L’evoluzione del clima di fiducia delle imprese bresciane appare nel complesso coerente con il quadro nazionale, dove l’Indice PMI riferito al settore, dopo le rilevazioni positive di gennaio e febbraio, a marzo ha raggiunto il record negativo di 17,4, poi battuto ad aprile (10,8).
“Il fermo delle principali attività economiche ha certamente impattato pesantemente sul settore, anche se in maniera molto differenziata – commenta Paolo Chiari, Presidente del Settore Terziario di AIB –: alcuni ambiti sono riusciti ad assorbire meglio le conseguenze della chiusura per COVID-19, riposizionandosi su modelli di business da remoto. Spero che i prossimi mesi possano smentire almeno parzialmente il sentiment di sfiducia espresso dal panel di intervistati, il settore Terziario in questo periodo si sta distinguendo, infatti, per l’importanza e qualità del supporto erogato alle aziende manifatturiere e per la grande capacità di adattamento”.
Nel dettaglio, per quanto riguarda i giudizi espressi dalle imprese sui tre mesi precedenti:
- il fatturato è diminuito per il 73% delle imprese, con un saldo negativo del 67% tra coloro che hanno dichiarato variazioni in aumento e in diminuzione;
- gli ordini e l’occupazione evidenziano anch’essi flessioni (saldi netti pari rispettivamente a -70% e a -12%);
- i prezzi dei servizi offerti si caratterizzarsi per un’evoluzione declinante (saldo netto pari a, -6%), a conferma dell’assenza di rilevanti pressioni inflattive, in particolare in questa fase storica.
Per quanto riguarda le prospettive per i mesi a venire:
- il fatturato è atteso in contrazione dal 79% degli intervistati, con un saldo negativo del 73% a favore dei pessimisti rispetto agli ottimisti;
- i saldi riferiti al portafoglio ordini (-64%) e all’occupazione (-30%) confermano che il peggio non è alle spalle, ma che il settore soffrirà ancora, almeno per tutto il secondo trimestre;
- i prezzi dei servizi offerti si contraddistinguono per un saldo negativo (-15%), a certificazione della limitata possibilità da parte degli operatori contattati di incrementare le tariffe proposte alla clientela.
Le opinioni delle imprese intervistate in merito alle prospettive sulla tendenza generale dell’economia italiana sono fortemente negative: l’88% degli imprenditori ha infatti un orientamento negativo, a fronte del 9% che prevede stazionarietà e del solo 3% che si dichiara ottimista.
COVID-19 ha duramente colpito l’operatività aziendale, in alcuni casi mettendo addirittura a rischio la sopravvivenza delle stesse imprese. Più nel dettaglio, il 6% degli intervistati ha dichiarato che COVID-19 ha provocato danni “gravissimi” (a fronte dei quali è necessario un ridimensionamento della struttura aziendale), un altro 24% ha espresso un giudizio “severo” (per cui gli obiettivi per l’anno in corso non sono più raggiungibili), mentre la maggioranza relativa dei rispondenti (36%) ha formulato una valutazione “significativa” (con la riorganizzazione del piano aziendale per l’anno in corso). Solo una minima parte degli operatori coinvolti nella rilevazione ha dichiarato che la pandemia (al momento) non ha determinato alcune conseguenze negative (3%) o solamente “trascurabili” (senza comportare modifiche al piano aziendale), mentre il rimanente 27% si è mostrato complessivamente poco preoccupato, segnalando un impatto “gestibile (che implica revisioni minori al piano aziendale).
Il blocco delle attività e il drastico ridimensionamento della domanda per un’ampia gamma di servizi ha provocato inoltre un significativo calo del fatturato (-28%) e delle ore lavorate (-27%) rispetto alla situazione di “normalità”. Tali dinamiche riguardano sostanzialmente quanto imputabile al solo mese di marzo, dato che nel primo bimestre del 2020 non si sono rilevate situazioni di particolare criticità. Appare plausibile che la discesa del volume d’affari e dell’input di lavoro non si sia esaurita con marzo, ma che sia proseguita, con probabile maggiore intensità, almeno per tutto aprile.
da bsupmag | Mag 29, 2020 | Attualità, Economia, Food
Anche nel secondo mese di diffusione del coronavirus Covid19 la spesa delle famiglie italiane per l’acquisto di prodotti alimentari ha continuato a crescere. Lo rileva Ismea nel secondo rapporto sulla domanda e offerta pubblicato il 30 aprile scorso. Il documento sottolinea che le vendite al dettaglio di prodotti alimentari confezionati, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, hanno registrato un incremento del 18%, mentre rispetto al primo mese di emergenza sanitaria l’aumento è stato del 3%.
Va sottolineato inoltre il forte aumento delle consegne di prodotti alimentari a domicilio (+160%) con un limite di crescita imposto non dalla effettiva domanda, ben più alta, ma dalla capacità di soddisfarla. Rilevante è anche il ruolo che hanno via via ricoperto gli esercizi commerciali di prossimità che hanno saputo organizzare in fretta le consegne a domicilio. A questo va aggiunto un significativo cambio delle preferenze d’acquisto da parte dei consumatori che dai prodotti stoccabili, privilegiati nel primo mese di emergenza sanitaria, hanno diretto le loro scelte agli ingredienti come uova, farina, olio, mozzarella. In aumento poi gli acquisti di vino, soprattutto però quelli che si posizionano nella fascia di mercato media o media-bassa.
da bsupmag | Mag 29, 2020 | Attualità, Economia, Food
Ricerca e sperimentazione per il miglioramento produttivo; composizione di prodotti assicurativi destinati alla gestione sostenibile del rischio nel settore e promozione istituzionale finalizzata alla valorizzazione del miele come alimento naturale.
Sono questi i tre progetti dedicati alla tutela del miele italiano su cui si riverseranno i due milioni di euro stanziati in questi giorni dal ministero per le Politiche agricole.
Gli effetti dei cambiamenti climatici si sono abbattuti con gravi conseguenze sul settore apistico che da tempo, con i suoi 62mila apicoltori, i circa 1,6 milioni di alveari e una produzione annua che nel 2019 è stata di 15mila tonnellate per oltre 60 tipi di miele (fonte Osservatorio nazionale miele), concentrata soprattutto nel Nord del Paese, chiede a gran voce un sostegno concreto.
A livello europeo l’Italia si colloca al quarto posto in termini di produzione. “I vantaggi dell’attività apistica sono innegabili – ha dichiarato in una nota il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe L’Abbate a margine dello stanziamento – dall’impollinazione di colture agricole e forestali alla conservazione delle specie selvatiche sino al monitoraggio ambientale. Il comparto ha un assoluto bisogno di rilancio, a maggior ragione a fronte di questo periodo d’emergenza sanitaria”.
Intanto l’Osservatorio nazionale miele ha pubblicato un’indagine produttiva ed economica per il 2020, sottolineando che le produzioni primaverili di quest’anno hanno risentito della situazione di deficit idrico al punto che, soprattutto al Nord, gli apicoltori hanno dovuto continuare con interventi di nutrizione di supporto. Purtroppo, nel 2019, i danni per la mancata produzione dell’acacia e la perdita dell’agrumi hanno toccato i 73 milioni di euro, a cui si sono unite le ridotte produzioni primaverili e l’importante flessione dei prezzi all’ingrosso.
Ogni anno al Bontà, il Salone delle eccellenze enogastronomiche dei territori che CremonaFiere ha organizzato quest’anno dal 13 al 16 novembre, il miele ricopre un ruolo di primo piano. Anche quest’anno infatti si terrà il Concorso “Il miele cremonese più buono”, giunto alla sua 16ma edizione, un appuntamento sempre molto seguito che oltre a dare ampio risalto ai mieli del Cremonese, contribuisce a valorizzare la cultura del territorio attraverso il suo prodotto più dolce.
da bsupmag | Mag 29, 2020 | Attualità, Economia, Food
“La Lombardia si è fatta portavoce delle richieste pervenute dalle associazioni di categoria e le ha presentate al Governo, che le ha accolte. Da lì le linee guida delle Regioni sulle riaperture di ristoranti e bar che coniugano esigenze sanitarie ed economiche. La nostra soddisfazione è duplice perché la filiera agroalimentare, oltre alla ripartenza di un canale importante dell’economia nazionale, rilancia la valorizzazione dei prodotti agricoli, soprattutto latte, formaggi, prosciutti e vino”. Così l’assessore regionale all’Agricoltura della Lombardia Fabio Rolfi, all’indomani della riapertura del canale Ho.re.ca. “La Lombardia conta 50mila bar e ristoranti, più del 15% del dato nazionale – sottolinea l’assessore – in grado di generare un effetto volano su tante altre realtà. Con la chiusura del mondo della ristorazione a seguito dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus, siamo stati costretti a registrare cali dei prezzi preoccupanti in settori chiave come la suinicoltura e il lattiero caseario: rispettivamente -30% e -10% per il latte. Ora dobbiamo pensare a strategie di rilancio e misure economiche choc perché riaprire non basta, la contingenza del momento ci obbliga a fare i conti con una nuova normalità e con le paure dei cittadini. Regione Lombardia è già pronta e nei prossimi giorni promuoveremo il bando semplificato #iobevolombardo con il quale stanzieremo 3 milioni di euro per l’acquisto di vino lombardo nei ristoranti della nostra regione”, ha concluso l’assessore.
Mai come quest’anno il Bontà, il Salone delle eccellenze enogastronomiche dei territori, che si terrà nei padiglioni di CremonaFiere dal 13 al 16 novembre 2020, rappresenterà la migliore occasione per promuovere e incentivare la conoscenza delle specialità nazionali in un contesto nuovo, in cui le radici della tradizione sapranno fondersi con le esigenze dettate da quella “nuova normalità” di cui ha parlato l’assessore Fabio Rolfi. Un’ulteriore opportunità per sottolineare il prestigio del vero made in Italy.