“RITRATTI A DISTANZA” – PROGETTO FOTOGRAFICO PER LA FONDAZIONE ANT ITALIA ONLUS

“RITRATTI A DISTANZA” – PROGETTO FOTOGRAFICO PER LA FONDAZIONE ANT ITALIA ONLUS

Nelle case degli altri. È lì che si svolge ogni giorno, oggi più che mai, la missione di Fondazione ANT. È lì che si incontrano arte e solidarietà.

“Ritratti a distanza” è un progetto ideato e sviluppato dalla fotografa bresciana Fabiana Zanola che, durante i giorni di isolamento forzato, ha deciso di entrare in punta di piedi tra le mura domestiche di chi vuole immortalare il momento storico che sta vivendo. Da solo, in famiglia o con il proprio animale domestico, diventare il soggetto di uno scatto d’autore che difficilmente dimenticherà.

Dell’odierna emergenza sanitaria, infatti, ricorderemo di certo i volti tumefatti di medici e infermieri stremati dalla lotta “in trincea”, le strade deserte, le file al supermercato con le mascherine e le saracinesche chiuse tutt’intorno… ma anche la vita di ognuno di noi, che procede in salotto davanti al pc o tra i fornelli in cucina. È questa la vita che vuole cogliere la fotografa Zanola.

“La fotografia per me è incontro, scambio, testimonianza, ricordo, cura. In questi giorni apparentemente sospesi, ma in realtà densi di emozioni, ci stiamo rendendo conto dell’importanza di una telefonata, di una buona parola, di un “Come stai?” detto al momento giusto. In una parola: delle relazioni. Da questo sentire mi è venuta l’idea di continuare a fare quello che stavo facendo, comunicare e creare rapporti sinceri di scambio attraverso la fotografia. Ho cominciato a fare ritratti attraverso lo schermo a persone lontane: un “Ritratto a Distanza”.

Così racconta il suo progetto Fabiana Zanola che, inizialmente cerca di capire chi c’è “dall’altra parte”, cosa fa nella vita di tutti i giorni (fuori casa), come sta affrontando la quarantena, con chi e con quale spirito, per cercare poi di racchiudere tutto in una posa, che vedrà la luce tramite uno scatto in videochiamata.

Dedicando la propria arte e la propria professionalità, Fabiana – da tempo sostenitrice di Fondazione ANT – ha deciso anche in questa occasione di farsi promotrice di una raccolta fondi a sostegno dell’attività di assistenza medico-specialistica di Fondazione ANT Brescia, oggi in prima linea ad affrontare anche l’emergenza Covid-19. Non in corsia, ma nelle case. I medici e gli infermieri ANT stanno continuando a portare assistenza sanitaria specializzata nelle abitazioni dei malati oncologici con bisogni di Cure Palliative del territorio bresciano e, al contempo, stanno affiancando il Sistema Sanitario Nazionale, offrendo il proprio intervento al domicilio di pazienti affetti da Coronavirus con patologie croniche in fase avanzata.

Chi volesse sostenere l’impegno della Fondazione, oggi più che mai, può farlo visitando il sito www.ant.it oppure diventando protagonista di un ricordo d’autore, seguendo 3 semplici step:
1) effettuare una donazione minima di 100 euro a Fondazione ANT Italia Onlus (Inte- stato a: “Fondazione ANT Italia ONLUS” – IBAN IT 77 V 03069 02491 100000001779 – Causale “erogazione liberale”).
2) inviare la contabile a dayana.ghezzi@ant.it
3) fissare un appuntamento telefonico con la fotografa.
Infine, ricevere il proprio “Ritratto a distanza” e, magari, condividerlo. La solidarietà è un bellissimo circolo virtuoso!

Fabiana Zanola

L’ARTISTA DEI FIORI LUISA LAMBORGHINI

L’ARTISTA DEI FIORI LUISA LAMBORGHINI

Luisa è una donna di grande talento e il suo nome spicca tra le artiste italiane più brave nel realizzare fiori di carta ma questo lei non lo dirà mai perché chi la conosce bene sa che l’umiltà è un altro suo grande pregio.

“Ho imparato ad ammirare la complessità o la semplicità di ogni fiore convincendomi sempre di più che la sua bellezza regala preziose emozioni”.

Luisa cerca di trasmettere queste emozioni con le sue creazioni che resistono nel tempo e regalano una sensazione di perenne primavera.
La sua passione nasce sei anni fa quando sente il desiderio di creare con le proprie mani ‘oggetti’ delicati come i fiori, utilizza principalmente carta crespa italiana che le permette di dare forma ad una varietà infinita di foglie e fiori.
I suoi bouquet si adattano perfettamente ad ogni situazione e aggiungono colore e freschezza in ogni ambiente, il bello è che non necessitano di cure particolari e annaffiature!

Da qualche anno collabora con varie agenzie di moda realizzando su richiesta allestimenti floreali e acconciature per sfilate e shooting fotografici.
Le sue meraviglie non sono passate inosservate e perfino le Wedding Planners consigliano alle future spose i suoi bouquet sempreverdi, le coroncine e i centro tavola.

Potrete seguire questa talentuosa artista sulla pagina instagram The.papermoon di Luisa!

GIOVANNI CONFORTINI – L’ARTISTA DELLA NATURA

GIOVANNI CONFORTINI – L’ARTISTA DELLA NATURA

Come ha cambiato la tua vita questa quarantena?
Diciamo che non è cambiata tantissimo dal punto di vista lavorativo, le mie giornate erano comunque improntate alla realizzazione delle mie opere. Per il resto direi che siamo tutti sulla stessa barca, nel senso che a parte i famigliari in casa non possiamo ricevere nessuno ne tanto meno possiamo uscire.

Come trascorri le tue giornate?
Le trascorro soprattutto rinchiuso nel mio loft dove in completa solitudine dipingo e do sfogo alla mia creatività, un’ ora la dedico all’attività fisica come consiglia il comunicato del ministero perché ho la fortuna di avere una piccola palestra in casa e poi cucino.

A costa stai lavorando in questo periodo?
Sto continuando la mia serie ANIMALI, ho terminato tutti i felini poi ho realizzato un quadro con le zebre: Il prossimo è una sorpresa!

Cosa ti manca di più?
Mi mancano maggiormente i miei fratelli e gli amici più cari; inoltre mi mancano le gite fuori porta con mio marito, dove la mia mente era stimolata dai profumi, i colori e la gente delle località prescelte. I viaggi sono un passaggio fondamentale per chi come me deve trovare l’ispirazione.

Di quale luogo hai più nostalgia?
Oltre la mia Linosa (isola meravigliosa dove ho vissuto per 11 anni) sento nostalgia per Venezia e Milano, due città che amo particolarmente per la loro vivacità e le tante manifestazioni culturali e artistiche.

Quale sarà la prima cosa che farai finito questo lockdown?
Organizzerò una cena per amici e parenti.

Progetti lavorativi per il futuro?
Ho in mente delle esposizioni, ma di questo vorrei parlarvene più avanti, per ora top secret.

Vuoi fare un saluto?
Saluto tutti i miei amici e parenti e i lettori di Brescia Up!

Giovanni Confortini Visano (Bs) Cell: 348 5213073
Mail: info@giovanniconfortini.it www.giovanniconfortini.it

Dipingere il ricordo – Intervista a ERWIN VAN KREY

Dipingere il ricordo – Intervista a ERWIN VAN KREY

Erwin Van Krey (1959) si fa protagonista di un racconto intimo, sussurrato, che vive nella dimensione delle sue opere senza l’esigenza di sfondare i confini del quotidiano. Un’atemporalità che permea di significati sottesi ognuna delle sue immagini, situazioni rubate a fotografie d’archivio. L’artista olandese diviene testimone di una realtà dove il tempo è elemento fondante e straniante insieme: il passato riemerge nei suoi dipinti, scevro di qualsiasi fattore causale.
Non si rintracciano più descrizioni, congetture, definizioni: l’immagine è lavata di qualsiasi appartenenza, per giungere a una purezza formale che la rende universale. L’artista elegge situazioni ignote, apparentemente insignificanti, cogliendo il momento ed estraendolo dal proprio contesto.
I confini della fotografia si perdono e il singolo istante diviene insignificante, al punto da subire una trasformazione che permette l’allontanamento dalla memoria personale per circoscriverne una condivisa, diventando esperienza che chiunque ha vissuto. Ecco, allora, che un bambino con una palla in mano diviene qualsiasi bambino; che il volto di una donna diviene qualsiasi donna; che un paesaggio rappresenta qualsiasi paesaggio, con naturalità disarmante e ascetica. Il ricordo abbraccia, così, la sfera del singolo attraverso l’uso di immagini che codificano segni propri del collettivo: una ricerca espressiva che fa dell’indagine la vera cifra stilistica di Van Krey.
Risultato è una sensazione densa, palpabile, una malinconia che fugge ai confini intangibili dell’opera, per giungere all’anima stessa dell’osservatore. Si prova, osservando le opere di Van Krey, una malinconia apparente, una tristezza riconducibile a esperienze mai vissute davvero, testimonianza di come esista un passato comune, degno di essere condiviso e ricordato – sebbene, forse, mai agito – da ognuno.

Spesso lavori su piccolo formato. Tale scelta è dovuta al fatto che contribuisce alla dimensione romantica dell’opera stessa? Puoi parlarci del tuo approccio all’opera d’arte?
Ho spesso copiato i vecchi maestri. Da studente, mi sono formato come pittore moderno: ho imparato molto alla scuola d’arte, ma ho successivamente padroneggiato le tecniche che uso oggi. Penso che i formati più piccoli richiedano un diverso tipo di attenzione, avvicinandomi idealmente allo spettatore.
Inoltre, dato che ho una grande produzione ma uno spazio di archiviazione limitato per le grandi tele, i formati più piccoli mantengono le cose gestibili.

I tuoi soggetti sono spesso volti “velati”, paesaggi irriconoscibili o personaggi di spalle. Che ruolo ha la figura per un artista figurativo come te?
Alla scuola d’arte mi sono formato nell’espressionismo astratto. Grandi tele quadrate, senza alcuna chiara indicazione di quale lato fosse rivolto verso l’alto o verso il basso. Pensavo che questo diventasse troppo vago, troppo sciolto, e non ho mai avuto la sensazione di aver finito di lavorarci sopra.

Sia i tuoi ritratti che i paesaggi sono eterei, impossibili da colloca- re nel tempo e nello spazio. È davvero così?
La ricerca di un tempo perduto è un’idea, non la descrizione di un periodo specifico. Uso i cliché e altri elementi che vivono nell’inconscio collettivo.

Le tue immagini provengono da esempi fotografici. Prendevi le foto da un album di famiglia (esempi degli anni 50 e 60), ora come selezioni le immagini?
A volte ci si emoziona davanti a un volto raffaellesco, o a una composizione alla Vermeer. Io non cerco, trovo. Voglio sempre vedere qualcosa di nuovo. Come persone, possiamo solo immaginare qualcosa sulla base di ciò che abbiamo già visto in precedenza. Non possiamo immaginare nulla che vada al di fuori della nostra percezione. Permettendo associazioni incontrollate, ricevo nuove immagini e possibilità che altrimenti non entrerebbero mai nella mia coscienza/consapevolezza. La capacità del cervello di percepire collegamenti tra cose che razionalmente non sono collegate. Il “carattere onirico” dei dipinti finali si basa su una accurata e lucida pianificazione.

Le tue opere sono cariche di una forte componente emotiva. Hanno senza dubbio un filo diretto col passato. Come vive un artista come te questo confine, tra passato e presente? Quanto pesa il passato personale in un’opera e quanto pesa nelle opere di Erwin Van Krey?
In un modo o nell’altro c’è sempre una qualità emotiva e personale, ma non c’è realtà nei miei dipinti. Le fotografie attivano il recupero di momenti dimenticati, ma disprezzo la nostalgia.

Il tempo è un soggetto importante del tuo lavoro? Forse, dietro alla singola figura del dipinto, può essere che sia il tempo (inteso non solo come “il trascorrere del tempo”, ma anche come elemento fisico nello spazio) il vero protagonista delle tue opere?
Cerco di interrompere e alterare il senso del tempo nei miei dipinti. Dipingo per rallentare il tempo. La fotografia è un rapimento immediato dell’oggetto dal mondo a una realtà altra, a un altro tempo. Nonostante le circostanze reali in cui è stata scattata la foto, quei momenti sono rimodellati in una finzione in cui ti perdi in un oceano di ulteriori domande.

Le tue opere sembrano immagini rubate al tempo. Non ci capisce se i soggetti siano appena stati ritratti o se fuggano da qualche memoria rubata. I tuoi lavori richiamano a una sfera privata. Cosa credi che smuovano le tue opere nell’animo delle persone?
Sentimenti di malinconia, una fine che non sarà mai raggiunta davvero. Un momento di stasi. In questo vuoto, lo spettatore può insinuare i propri ricordi e riflessioni, dando luogo a un momento passeggero e fugace nel tempo che è generalmente definito “vita”.

I tuoi lavori hanno un formalismo sobrio e velato e ricordano un’infanzia lontana. Però hanno anche un tono drammatico e melanconico. Quanto di questi due aspetti riguardano Erwin come individuo?
Mi sento strettamente legato a de Chirico, un pittore della memoria. Eppure, i suoi quadri non sono immagini mentali o fantasie dei suoi ricordi reali. Non è l’intenzione o il progetto dell’opera, ma il quadro stesso a diventare realtà. Questo lascia lo spettatore con la sua malinconia; cosa che non accade al pittore.

Nella tua biografia scrivi: “One should take the viewer seriously in offering him not too many clues, so he himself can accomplish a feeling of coherence of… I don’t know what”. Come completerebbe la frase Erwin, oggi?
Con il rischio che un’immagine non sia mai completamente fedele alla realtà, chiunque può riempire il vuoto per se stesso e darvi un senso.

Citando Flaubert: “The artist must be in his work as God is in nature”. Come significa per Erwin essere dentro i suoi lavori?
L’artista deve essere nel suo lavoro come Dio è nel creato, invisibile e onnipotente; lo si deve sentire ovunque ma mai vederlo. Cancellare i legami che collegano l’opera d’arte al suo creatore.

In definitiva, qual è il tuo rapporto con il sistema dell’arte? E le gallerie e i sistemi di mercato?
Dopo l’ultima crisi finanziaria, la maggior parte delle mie gallerie ha chiuso i battenti. Da allora sono diventato più attivo online. Ho ottenuto un bel po’ di seguaci che acquistano spesso i miei (nuovi) lavori. Forse dovrei puntare a vendere tutti i miei lavori online. Studi e lavori preliminari che vendo spesso tramite aste online. Mi piace l’aspetto democratico di questi siti, sono estremamente accessibili. C’è sempre il rischio di vendere il proprio lavoro a un prezzo troppo basso, ma così sia.

Hai fatto molte mostre (come la Van Gogh Gale- rie, Zundert, nel 2018, ‘Investi- gations into the uncanny ’, ‘s-Her- togenbosch in collaborazione con S.M.A.K., Ghent nel 2016, Galerie 4×4, Vianen nel 2012, Caixa Forum, Gerona nel 2011, EXPO Brussels nel 2007, De Warande, Eindhoven nel 2005 e molte altre). C’è una mostra con cui senti un le- game speciale e quali in futuro?
La mia ultima mostra a Eindhoven è stata una mostra collettiva ben organizzata, in cui le opere d’arte erano impegnate in un dialogo tra loro. La mia mostra a Berli- no, a marzo 2020, è stata rinviata a causa delle attuali circostanze del Coronavirus. Speriamo che la mostra sia inaugurata a settembre 2020.

Pietro Bazzoli

 

Una vita a ritmo di House

Una vita a ritmo di House

Modus Dj è uno dei professionisti del mixer che più spesso fanno ballare i party più “up” di Milano & dintorni, ovvero del pianeta. Pugliese d’origine e milanese d’adozione, Modus propone solo e
soltanto la sua house, sempre melodica e contaminata dal funky. Tra Fashion Week, Principe di Savoia, Hotel Diana (…), propone un sound caldo che fa la differenza. Infatti da sempre predilige e produce tracce in cui gli strumenti sono suonati da veri musicisti. E’ appena uscita la sua “Come on and go with me”, che segna il suo approdo definitivo alla house music. La label è Purple Music, un mito per chi ama questo genere musicale.

Spesso si dice che nei party deluxe la musica è “commerciale”… ma è davvero così?
Beh, se in console ci sono io non di certo. Se il manager, o il cliente o l’agenzia richiede un mio dj-set e consapevole del tipo di sound che possa proporre. In parte però è vero, spesso vedo social video di party di un certo tipo con selezione musicale pop. Non credo che ci sia un sound giusto o uno sbagliato, la cosa importante è che qualsiasi messaggio, sensazione, emozione si voglia trasmettere, lo si faccia in maniera professionale e semplice. A volte ho la sensazione che il voler esagerare ti porta la mediocrità.

Cosa non deve mancare mai per un party riuscito?
Probabilmente il giusto sound system. Sono sempre stato molto esigente nel sound, nella qualità dell’audio, nella selezione della clientela. Questi sono i miei ingredienti, non ho nominato la location perché sarebbe stato scontato, puoi avere la location ma non avere gli altri ingredienti ma il party non decolla…

Com’è nato il tuo nuovo singolo?
”Come on and go with me” è nato durante le mie vacanze lo scorso agosto (agosto 2019). Alle chitarre c’è il mio storico amico Franco Speciale, uno che ha già resto grandi e immensi numerosi dischi Purple. Ringrazio poi pure Andrea Love, che con la sua voce ha fatto realizzare il mio sogno. Sto lavorando insieme
all’amico Philip Medor per altri progetti House.

Come è nata la collaborazione con Jamie Lewis?
Ho avuto l’onore di incontrarlo durante il Winter Music Festival a Miami nel lontano 2011. Per me è un vero Maestro. Purtroppo poi ci siamo persi di vista…
Produrre “Come on and go with me”, per me è stata una scommessa, una sfida. Riuscire a far pubblicare il brano da una label come Purple Music sapevo sarebbe stato impossibile o quasi.