da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
Fino all’11 febbraio a Milano, nelle sale di Palazzo Morando, Vallanzasca e compagni la fanno da padroni. Basta udirne il nome per ricordare un passato diverso, retrogusto melenso di un romanticismo criminale.
La rassegna è curata da Stefano Galli, promossa da Comune di Milano – Cultura, Direzione Musei Storici, organizzata dall’Associazione Spirale d’Idee con la Polizia di Stato che ha collaborato per la ricerca e la scelta della documentazione e delle fotografie e nella selezione delle strumentazioni tecniche e degli arredi di ufficio originali, in uso alla Questura di Milano e custoditi presso gli archivi ed il Museo Storico della Polizia di Stato, e per la scelta delle armi in uso a quell’epoca e messe a disposizione dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta S.P.A. L’iniziativa ha il patrocinio della Polizia di Stato, della Regione Lombardia e della Città metropolitana di Milano è inserita nel palinsesto di Novecento italiano. Niente fotocamera da infiniti mega pixel: quelle affisse sono fotografie in bianco e nero, raccolte dagli anni Quaranta alla metà degli anni Ottanta e divenute testimonianza di atti di antica memoria, ora scomparsa e relegata agli annali della Corte d’Appello. 170 immagini d’epoca, documenti e “strumenti del mestiere” che testimoniano gli “anni di piombo”, attraverso un percorso espositivo che parte cronologicamente dal 1958 con la famosa rapina di via Osoppo. L’assalto al portavalori che trasportava seicentoquattordici milioni di Lire fu definito “il colpo del secolo”, realizzato senza sparare un solo colpo. Purtroppo, nel ventennio successivo, Milano cominciò ad assomiglia più al Far West che al polo industriale del Nord Italia: in città e nell’hinterland nascono gruppi dediti a gioco d’azzardo, prostituzione e rapine milionarie. Inutile dire che i volti dei protagonisti di una stagione di sangue e banconote sono ancora ben impressi nella memoria collettiva. Renato Vallanzasca – detto “Il bel Renè” -, Francis Turatello, Angelo Epaminonda, Ezio Barbieri e molti altri erano i signori di una metropoli in continuo mutamento, che di giorno lavorava senza tregua mentre di notte si popolava di bische e night club. La mostra rievoca le atmosfere dei quartieri della mala, proponendo un focus in grado di fare luce su un mondo che vive nell’ombra per definizione. Palazzo Morando dà spazio anche alla controparte legale, con approfondimenti sulle forze dell’ordine il cui compito era cercare di arginare la dilagante criminalità. Il Commissario Mario Nardone e il futuro Questore Achille Serra rappresentano l’altra faccia della città. Si allontanino per un attimo occhi e orecchie, sospetti e inganni, da quartierini e furbetti più o meno noti, per puntare lo sguardo verso l’epicentro lombardo della malavita. Dei capitoli più crudi della storia recente, Milano crea una mostra in cui il ricordo è la vera chiave interpretativa. Nessuna complessa cifra stilistica, nessua interpretazione astratta, nessun concettualismo latente – e forse inesistente. Ciò che conta è quel misto di paura e inconsapevolezza, vissuto per decenni in strade che ancora puzzano di polvere da sparo.
da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
Con lo sguardo già al 2018 il CUS Brescia ha voluto raccogliere tutti i propri atleti e sponsor per celebrare la stagione agonistica 2017 appena conclusasi.
Un’altra stagione da a r c h i v i a r e come storica, u l t e r i o r e pietra miliare nel cammino di consolidamento del progetto del CUS Brescia per lo sviluppo e la divulgazione del Tiro a Volo in ambito Universitario. E’ stato Roberto Zarrillo, Segretario della Sezione, ha tracciarne il bilancio: “La stagione 2017 è stata una delle più entusiasmanti vissuta fino a qui, da quel non lontanissimo Dicembre 2009 quando con Mauro (Lodrini ndr) ed un gruppo di amici ci siamo trovati per dare vita a questo entusiasmante progetto. Allora nemmeno osavamo immaginare che una nostra squadra, si sarebbe qualificata ad una finale Nazionale e lì tra i big del Tiro a Volo, ben figurare senza timori riverenziali. Oggi è realtà, di questo siamo davvero orgogliosi, e con fiducia programmiamo il nostro futuro.” Anche Mauro Lodrini, della CBS Group, consigliere e sponsor della sezione commenta: “Oltre il risultato agonistico, anche il nostro progetto di divulgazione continua a trovare riscontri confortanti. Quest’anno il Progetto Paralimpico, culminato con la chiamata in Nazionale di Emilio Poli e l’inclusione di Marco Giugno nel Team Beretta, è fonte di orgoglio e prestigio. A questo si aggiungono i 50 atleti che hanno partecipato all’Open Day, molti dei quali già intenzionati a proseguire il cammino in questo fantastico sport. Siamo sulla strada giusta.” Ezio Luterotti, consigliere del CUS, porta i saluti del Presidente Artemio Carra: “Partecipo sempre con piacere a tutte le attività di questa giovane ma frizzante sezione. Ho conosciuto con voi questo sport ed anche io mi ci sono appassionato. Il lavoro della sezione è ben apprezzato dal Consiglio del CUS Brescia e dal Presidente. Il mio augurio e quello del Presidente è di continuare a crescere nei valori più alti dello sport universitario.” Ottorino Agnelli, Vice-Presidente del CUS e della Pulitori Affini, partner del CUS Brescia, ha concluso: “Non potevamo non premiare gli atleti che ci hanno rappresentato nella gare Nazionali. Un plauso particolare va ai Campioni del Campionato Sociale Paghera, Scotellaro e l’inossidabile Ivan Cucchi. Quest’anno infine deciso di conferire a Paolo Civettini il premio di Atleta dell’Anno, per essersi contraddistinto dentro e fuori dal campo in un cammino di avvicinamento al Tiro a Volo che ha bruciato tutte le tappe. I suoi risultati parlano più di ogni qualsiasi elogio. Grazie a Paolo ed a tutti gli atleti che portano alta la bandiera del CUS e chi staff, allenatori e dirigenti permette di vivere, anche oggi, una bella giornata di festa!”
da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
Un mondo da favola, abiti sfavillanti, mare cristallino, cene eleganti. Sembrerebbe un sogno, se non fosse la versione social di una vita normale. Sì, perché tutti o quasi cedono almeno una volta alla tentazione di ostentare sui social network uno status invidiabile.
Attenzione però a pubblicizzare troppo il proprio tenore di vita ed il proprio status stellato su Facebook e su Instagram. Ciò non è solo una regola di prudenza dettata dal buon senso, ma costituisce quando di più recente affermato dai tribunali italiani, che si sono trovati a giudicare (negativamente) i casi più disparati. Al riguardo infatti, gli esempi di cui si compone la giurisprudenza sono moltissimi ed eclatanti, soprattutto negli ultimi tempi. Oltre all’invidia di chi non può permettersi tanto sfarzo, coloro che ostentano troppo sui social attireranno anche e immancabilmente i controlli del fisco. Circa un anno fa infatti l’Agenzia delle Entrate ha diffuso una circolare in cui ha spiegato che ai controlli sulle banche dati tradizionali verranno affiancati sempre più spesso altri tipi di indagine, che potranno essere condotti usando strumenti diversi. Compresi quelli digitali. Nulla vieta ai contribuenti di continuare a postare la propria vita da sogno sui social e ad immortalare la propria vanità. L’importante è sapere che verosimilmente tutto ciò farà scattare, prima o poi, il temutissimo accertamento fiscale. L’accertamento fiscale nei confronti dei contribuenti deriva da un sistema che l’Agenzia delle Entrate usa per valutare la congruenza degli acquisti e del tenore di vita con il reddito dichiarato annualmente dal contribuente: si chiama accertamento sintetico e si avvale del cosiddetto redditometro. Il Fisco, tramite le entrate e le uscite, tiene sotto controllo il tenore di vita di tutti noi e quando le uscite diventano troppe rispetto alle entrate scattano gli accertamenti fiscali. Il ragionamento alla base di tutto è il seguente: ognuno di noi può spendere quanto guadagna. Dal punto di vista del Fisco, se gli acquisti sono superiori alle entrate di almeno il 20% o si ricevono pagamenti in nero, o si ha vinto al gioco, o si sono ricevute donazioni. In questi due ultimi casi è necessaria però una dimostrazione rigorosamente contabile. La vanità sui social può quindi costare molto cara così come l’ostentazione di vite invidiabili, anche se forse non reali. Tutto ciò che viene pubblicato on line dal contribuente costituisce, da un punto di vista giuridico, una vera e propria confessione che consente di avviare l’accertamento fiscale. Le pagine dei social network sono producibili in giudizio e, salvo prova contraria, il semplice log-in può attribuire paternità certa ai contenuti pubblicati da quel profilo utente. È vero che uno screenshot da solo non basta e occorre dare data certa al contenuto postato ma unito ad altri elementi può essere valutato dal giudice ed avere serie conseguenze fiscali, civili e anche penali per l’utente in cerca di visibilità.
da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
Non conoscete il nome dei dj citati nel titolo? Non preoccupatevi. Non sono famosi, anche se sono molto bravi.
Tanti di coloro vanno al Samsara Beach non sanno che c’è in console, a farli emozionare. Spesso a Riccione oggi arriva Botteghi. Ma il Samsara deve molto, dal punto di vista musicale a Danilo Seclì. Il suo nuovo singolo si chiama “Push”: sta a metà tra pop e dance, tra ritmo e melodia, come tutti o quasi quelli pubblicati dall’artista nel corso di una carriera ormai piuttosto lunga. Ad esempio, il progetto collettivo Salento Calls Italy è nato nell’ormai lontano 2011. “Le sonorità di ‘Push’ sono un’evoluzione del sound di ‘Reverse’, che a sua volta derivava da ‘Master Blaster’, una cover attuale del capolavoro di Stevie Wonder. C’è una bella melodia pop creata insieme a Sam, il cantante, che mi ha aiutato un po’ nella produzione. Ma c’è pure il groove: in pista il brano spinge forte…”. Quando un dj resident è in console la gente deve ballare. Non esiste un dj resident incapace che resista a lungo in console. Anzi. Se un locale ha successo a lungo, il merito è senz’altro dei suoi dj resident. DR.Space del Circus, ad esempio, visto che il top club bresciano è un locale ‘per tutti’, suona anche musica ‘commerciale’, ovvero pure brani come “Viento” di Gianluca Vacchi. Ma è anche un grande conoscitore di groove elettronici e di house. Ricordo una versione house di nicchia di un brano di Whitney Houston che Space propose al Circus ben prima dell’attuale successo (forse eccessivo) di qualche cover. Space non è una star, ok, ma senza di lui ballerebbero in tanti al Circus e pure al Costez dove suona spesso? Non credo proprio. Uno dei migliori dj resident che abbia mai ascoltato in vita mia (e credetemi, ne ho sentiti proprio tanti) è Andrea Bozzi, che si esibisce tra Villa Bonin e Feel Club, due delle disco di riferimento a Vicenza e non solo. Al posto dei tanti orrendi ed inascoltabili mash up che tanti suoi colleghi propongono (“perché non ci sono le hit”, dicono), Bozzi fa una cosa ‘straordinaria’: quando c’è un pezzo radiofonico che tutti abbiamo nelle orecchie, cerca sui portali se c’è un remix ufficiale o un bootleg che davvero spacca e propone quella versione, non quella ‘banale’. Un tempo, prima di diventare tutti ‘producer’ (di livello infimo), i dj facevano tutti così. Oggi invece, sentendosi protagonisti invece che ‘amplificatori’ della bella musica, i dj non lo fanno più. E in discoteca ci annoiano. Chiudo con Peter K, dj resident del Pelledoca Milano. Spazia da un genere all’altro, ha una tecnica eccellente e spesso sta in console per ore ed ore da solo. Dall’after dinner a notte fonda. Non è facile. Per farlo bisogna ‘sentire’ la pista. Ha suonato in tanti, tantissimi locali in giro per l’Italia ma ha scelto di fermarsi al Pelledoca, uno delle disco / dinner più hot della città. Perché è così hot? Grazie anche alla sua musica.
da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
In USA non esiste solo il ballo della sposa con il padre, ma padre e figlia ballano insieme anche quando lei compie 16 anni e ai “balli padre-figlia” (veri e propri eventi che si organizzano nelle scuole americane a partire dalle elementari), durante i quali le ragazzine sono chiamate a presenziare e a ballare, appunto, con i rispettivi padri.
In Italia questo ballo non è una tradizione così forte, ma ha di sicuro una particolare importanza e non è raro che i padri ballino con le figlie anche al loro 18° compleanno. In che momento della festa di nozze la sposa balla con il proprio papà e come si svolge questo fatidico ballo? Beh, il galateo sentenzia che ad aprire le danze devono essere gli sposi, mentre al padre della sposa spetta un ballo con lei al terzo giro di danza. Ad un certo punto, lo sposo si avvicina per continuare il ballo e la sposa gli viene “ceduta” dal padre: questo simboleggia il passaggio della donna dalla sua famiglia d’origine alla nuova famiglia che sta nascendo grazie al matrimonio. Il padre della sposa inviterà poi la madre dello sposo a ballare e lo stesso farà il padre dello sposo con la madre della sposa. Le tre coppie balleranno contemporaneamente per celebrare la nuova famiglia che si è appena formata. Il ballo della sposa con il padre è un momento emozionante e di grande valore durante il quale i due, oltre a ballare, possono comunicarsi le emozioni del momento e condividere ricordi, specialmente se il brano ha un significato preciso per loro. Per questo motivo bisogna sempre scegliere con cura la musica su cui ballare! Dev’essere una canzone adatta al momento e simbolica. Poco prima del ballo, la sposa può dire al microfono qualcosa al proprio papà. Quello che si sta per vivere è un momento unico e di forte intimità, che ha bisogno anche della giusta introduzione. Consiglio di non trascurare questa tradizione e di lasciarvi andare in quel momento, vedrete che esisterete solo voi che ballate sulla vostra canzone e che sussurrate… Sarà un attimo commovente che rimarrà immortale nei vostri ricordi.
da bsupmag | Feb 10, 2020 | Magazine
Formazione e apprendimento: nuove necessità indispensabili per aziende e lavoratori.
Come si vede la tecnologia può avere un forte impatto sul mondo del lavoro ed infatti uno studio del McKinsey Global Institute rivela che il 5% dei lavori scompariranno, perché totalmente robotizzate. I settori più interessati dall’automatizzazione saranno quelli che più sfruttano mansioni ripetitive (ndr. agricoltura e manifatturiero), mentre le più difficili da sostituire saranno i lavori nel campo dei servizi, dove la componente umana gioca un ruolo fondamentale difficilmente replicabile. Lo sviluppo tecnologico non può essere fermato, ma certamente può essere governato. La scienza infatti non è mai stata ‘neutrale’ ed i suoi risultati dipendono unicamente da come viene impiegata dalle persone, dalle finalità perseguite e dai bisogni a cui si cerca di dare risposta. In atre parole, dall’uso che ne fa l’uomo. L’obiettivo, allora, dovrebbe essere quello di cavalcare il progresso tecnologico e indirizzarlo verso gli obiettivi più ‘alti’. La robotica può per esempio essere intesa come strumento di aiuto e supporto alla disabilità, sia a casa e sia sul lavoro. La gamma di impieghi possibili è infinita, passando dal semplice umanoide da compagnia italo-giapponese Robi, che ha invaso migliaia di case in Italia e in Giappone, fino ad arrivare ad iCub, di cui la ricerca sta sviluppando cognizione, percezione e apprendimento. Molteplici sono le discipline che possono applicarsi alla robotica. Può aiutare gli esseri umani affetti da patologie comportamentali, o bisognose di recuperare la mobilità, ma anche ad implementare la sostenibilità ambientale ed in linea generale a collaborare al raggiungimento di un maggior benessere sociale. L’impatto che avranno le nuove tecnologie su imprese e lavoratori non sarà indolore. Se pensiamo infatti alle vecchie innovazioni come il motore a scoppio o, più recentemente, i mezzi di comunicazione, possiamo notare quanti decenni abbiano richiesto per essere metabolizzati dal mercato del lavoro. Abbiamo assistito alla scomparsa dell’impresa fordista e all’espandersi del terziario e parallelamente abbiamo visto l’espandersi della cosiddetta rivoluzione informatica. In pochi anni siamo passati dalla tastiera, al pad a otto tasti della playStation e poi ancora al touch screen. Il digitale ha trasformato e sta trasformando le aziende e tutto questo richiederà tempo, lavoro e pazienza per poter essere metabolizzato. Molteplici sono gli aspetti positivi di questa rivoluzione tecnologica, come l’abbattimento dei costi o l’eliminazione delle mansioni più usuranti e di fatica ed il lavoratore in questa nuova rivoluzione industriale ed informatica dovrà essere messo nelle condizioni di vedere il robot come strumento di lavoro e perché ciò accada è necessario avere persone (imprenditori e lavoratori) formate. Infatti uno dei maggiori problemi sarà sempre più il reskilling e – in definitiva – la formazione. Le caratteristiche della rivoluzione industriale a cui stiamo assistendo è certamente differente da quelle passate. Se ad inizio Novecento i lavoratori si spostavano dalle campagne ai centri urbani per lavorare nelle grandi fabbriche, senza necessità di avere una particolare formazione scolastica, con lavoratori dell’agricoltura che venivano ricollocati negli altiforni delle imprese siderurgiche, col progresso tecnologico le stesse industrie hanno avuto bisogno di investire in formazione e ricerca, e così molti ragazzi, terminate le scuole medie, si iscrivevano alle scuole di formazione tecnica – aperte dalle stesse fabbriche – per diventare operai specializzati. Oggi, più di allora, in un mondo che cambia molto rapidamente, è necessario avere competenze, formazione e qualificazione, essere ‘flessibili’ nel lavoro ed affrontare con rapidità il cambiamento che lo sviluppo tecnologico imporrà a tutti. Proprio per questa dinamicità, lo sviluppo tecnologico deve essere regolamentato, non potendo essere lasciato al solo ed esclusivo appannaggio del mercato, consentendo, da un lato, il progresso e, dall’altro, pensando a modelli di welfare che consentano a tutti di ricollocarsi nel mercato del lavoro mano a mano che le nuove tecnologie vengono sviluppate. I momenti di maggiore benessere sociale in Italia sono coincisi con periodi di successo della ricerca scientifica e tecnologia e – sebbene il nostro Paese rappresenti ancora l’avanguardia in molti settori – per resistere alla competizione internazionale è necessario investire di più in ricerca e sviluppo, sia dal punto di vista della innovazione tecnologica e sia dal punto di vista della formazione. La competizione infatti non si baserà più sul basso costo della manodopera ma sulla conoscenza ed il know how e la ricerca tecnologica, se adeguatamente sostenuta e indirizzata, è in grado di innescare una evoluzione virtuosa, sia sociale e sia economica.