Formazione e apprendimento: nuove necessità indispensabili per aziende e lavoratori.
Come si vede la tecnologia può avere un forte impatto sul mondo del lavoro ed infatti uno studio del McKinsey Global Institute rivela che il 5% dei lavori scompariranno, perché totalmente robotizzate. I settori più interessati dall’automatizzazione saranno quelli che più sfruttano mansioni ripetitive (ndr. agricoltura e manifatturiero), mentre le più difficili da sostituire saranno i lavori nel campo dei servizi, dove la componente umana gioca un ruolo fondamentale difficilmente replicabile. Lo sviluppo tecnologico non può essere fermato, ma certamente può essere governato. La scienza infatti non è mai stata ‘neutrale’ ed i suoi risultati dipendono unicamente da come viene impiegata dalle persone, dalle finalità perseguite e dai bisogni a cui si cerca di dare risposta. In atre parole, dall’uso che ne fa l’uomo. L’obiettivo, allora, dovrebbe essere quello di cavalcare il progresso tecnologico e indirizzarlo verso gli obiettivi più ‘alti’. La robotica può per esempio essere intesa come strumento di aiuto e supporto alla disabilità, sia a casa e sia sul lavoro. La gamma di impieghi possibili è infinita, passando dal semplice umanoide da compagnia italo-giapponese Robi, che ha invaso migliaia di case in Italia e in Giappone, fino ad arrivare ad iCub, di cui la ricerca sta sviluppando cognizione, percezione e apprendimento. Molteplici sono le discipline che possono applicarsi alla robotica. Può aiutare gli esseri umani affetti da patologie comportamentali, o bisognose di recuperare la mobilità, ma anche ad implementare la sostenibilità ambientale ed in linea generale a collaborare al raggiungimento di un maggior benessere sociale. L’impatto che avranno le nuove tecnologie su imprese e lavoratori non sarà indolore. Se pensiamo infatti alle vecchie innovazioni come il motore a scoppio o, più recentemente, i mezzi di comunicazione, possiamo notare quanti decenni abbiano richiesto per essere metabolizzati dal mercato del lavoro. Abbiamo assistito alla scomparsa dell’impresa fordista e all’espandersi del terziario e parallelamente abbiamo visto l’espandersi della cosiddetta rivoluzione informatica. In pochi anni siamo passati dalla tastiera, al pad a otto tasti della playStation e poi ancora al touch screen. Il digitale ha trasformato e sta trasformando le aziende e tutto questo richiederà tempo, lavoro e pazienza per poter essere metabolizzato. Molteplici sono gli aspetti positivi di questa rivoluzione tecnologica, come l’abbattimento dei costi o l’eliminazione delle mansioni più usuranti e di fatica ed il lavoratore in questa nuova rivoluzione industriale ed informatica dovrà essere messo nelle condizioni di vedere il robot come strumento di lavoro e perché ciò accada è necessario avere persone (imprenditori e lavoratori) formate. Infatti uno dei maggiori problemi sarà sempre più il reskilling e – in definitiva – la formazione. Le caratteristiche della rivoluzione industriale a cui stiamo assistendo è certamente differente da quelle passate. Se ad inizio Novecento i lavoratori si spostavano dalle campagne ai centri urbani per lavorare nelle grandi fabbriche, senza necessità di avere una particolare formazione scolastica, con lavoratori dell’agricoltura che venivano ricollocati negli altiforni delle imprese siderurgiche, col progresso tecnologico le stesse industrie hanno avuto bisogno di investire in formazione e ricerca, e così molti ragazzi, terminate le scuole medie, si iscrivevano alle scuole di formazione tecnica – aperte dalle stesse fabbriche – per diventare operai specializzati. Oggi, più di allora, in un mondo che cambia molto rapidamente, è necessario avere competenze, formazione e qualificazione, essere ‘flessibili’ nel lavoro ed affrontare con rapidità il cambiamento che lo sviluppo tecnologico imporrà a tutti. Proprio per questa dinamicità, lo sviluppo tecnologico deve essere regolamentato, non potendo essere lasciato al solo ed esclusivo appannaggio del mercato, consentendo, da un lato, il progresso e, dall’altro, pensando a modelli di welfare che consentano a tutti di ricollocarsi nel mercato del lavoro mano a mano che le nuove tecnologie vengono sviluppate. I momenti di maggiore benessere sociale in Italia sono coincisi con periodi di successo della ricerca scientifica e tecnologia e – sebbene il nostro Paese rappresenti ancora l’avanguardia in molti settori – per resistere alla competizione internazionale è necessario investire di più in ricerca e sviluppo, sia dal punto di vista della innovazione tecnologica e sia dal punto di vista della formazione. La competizione infatti non si baserà più sul basso costo della manodopera ma sulla conoscenza ed il know how e la ricerca tecnologica, se adeguatamente sostenuta e indirizzata, è in grado di innescare una evoluzione virtuosa, sia sociale e sia economica.